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mercoledì 31 ottobre 2007

domenica 28 ottobre 2007

Ladroni di Stato

Sapete quanto spendiamo, per finanziare i giornali di partito? Lo Stato spende 52 miliardi.

La prassi e' facile: basta che due deputatini dichiarino di "Appartenere e Rappresentare", poniamo, il MOVIMENTO UNITARIO PENSIONATI UOMINI VIVI , perché GIORGIO BENVENUTO si fotta il finanziamento per un giornale, mai visto, e Dio sa se esiste.


Appartieni e Rappresenti AREA ? Toh ! Francesco Storace e Giovanni Alemanno, beccatevi anche Voi di AN questa porzione di IRPEF. Così per il Foglio di Giuliano Ferrara e per l'UNITA', cacchio, almeno questo e' un giornale.

E allora, vediamo di recuperare il sorriso e di evitare la facile china della parolaccia. Vediamo di stabilire una volta per tutte se principi quali: SACRIFICI, TAGLI valgono per TUTTI , o solo per i soliti noti. Dobbiamo stabilire se questi principi valgono per tutti, o solo per gli altri. Devono valere per tutti sempre e comunque.

Ci siamo fin qui? Bene, e allora valgono anche per: Pds e seguaci, Lega e leghisti, AN e nostalgici, Rifondazione e rifondati.

Questo significa una cosa sola: IL FINANZIAMENTO PUBBLICO DEI PARTITI era un furto, prima, dopo il referendum e' una rapina a voto armato, un furto con scasso, una prevaricazione di Stato, una cosa, che se fosse stata fatta da un comune cittadino, sarebbe finito in galera.

Ma al peggio non c'è mai fine: mai avremmo creduto possibile che un fiume di miliardi scorresse anche a beneficio dei quotidiani cosiddetti indipendenti: Repubblica , Corriere della Sera , Sole 24 ore... incredibile, anche loro attingono a piene mani ai soldi del contribuente, ad ogni finanziaria. Si spiega così perché tutti i giornali si somigliano, perché in questo Paese una opposizione non è mai esistita, ed il contribuente comune non trova spazio in alcun organo di stampa, se non a pagamento? Si spiega così, perché dei privilegi dei signori dei partiti, che ci hanno ridotti in miseria, nessun organo di stampa si occupi ?

sabato 27 ottobre 2007

A geriatric assault on Italy's bloggers

TUTTO IL MONDO RIDE PER LA LEGGE DEI NOSTRI DIPENDENTI levi-prodi MA QUESTI A CHI RAPPRESENTANO? SOLO I LORO INTERESSI!!

A geriatric assault on Italy's bloggers
Italy's leaders barely understand word processors, let alone the web. Now they've turned against the country's bloggers
Bernhard Warner

By G8 standards, Italy is a strange country. Put simply, it is a nation of octogenarian lawmakers elected by 70-year-old pensioners. Everyone else is inconsequential.

Romano Prodi, the Prime Minister, is a spry 68, knocking off 71-year-old Silvio Berlusconi in last year’s election. President Giorgio Napolitano, 82, has six more years left on his term; his predecessor was 86 when he called it quits. In the unlikely event that Italy declares war, the decision will come from a head of state who was a month shy of 20 when the Germans surrendered at the end of the Second World War.

This creaky perspective is a necessary introduction to any discussion about Italian politics with outsiders, I find. If the Italian Government seems unable to adapt to the modern world, the explanation is quite simple. Your country would operate like this too if your grandparents were in charge.
Privacy is dead. Long live privacy

Jeffrey Rosen: Security doesn't have to encroach on privacy. Technology can help to protect both
Related Internet Links




* Are the mobile networks backing the wrong horse?

Recently, Italian lawmakers once again took aim at modern life, introducing an incredibly broad law that would effectively require all bloggers, and even users of social networks, to register with the state. Even a harmless blog about a favourite football squad or a teenager grousing about life’s unfairness would be subject to government oversight, and even taxation – even if it’s not a commercial website.

Outside Italy, the legislation has generated sniggers from hardly sympathetic industry observers. Boingboing cleverly reports Italy is proposing a “Ministry of Blogging.” Out-law.com plays it straighter, calling the measure an “anti-blogger” law.

I understand the lack of alarm in their tone. We’ve been down this road countless times. Panicky government officials, whether they are in Harare, Beijing or Rome (yes, this is the second time it’s been proposed here), pronounce a brand new muzzle for the internet, and clever netizens simply find a way around it. Even that agitated teen probably has a foolproof way of masking his IP address. And besides, it could easily be argued that a Blogger or Typepad blog is hosted on a server well outside the bel paese, making a stupid law virtually unenforceable. And finally this is Italy, a place where plumbers and captains of industry alike are serial tax evaders. Don’t sweat it, amico. Enjoy the sunshine, vino rosso and tagliatelle.

Maybe it is because of all these obvious points that the draft law is already going through some revisions. If it is ratified – and at the moment it looks frighteningly likely – the Ministry of Communications would decide who must register with the state.

This is hardly comforting. The intent of this draft law, as it was written when it breezed through the Council of Ministers, would be to gag bloggers who, for those in power, have become a particularly problematic force of late. They are lead by the crusading (some say “populist”) Beppe Grillo, a comedian-turned-activist-turned-blogger. Grillo is one of the best-read commentators on Italian life, both in and, thanks to his English-language blog, outside the country. He agitates on behalf of the disenfranchised (code for: Italian youth), campaigning for more transparent government and business.

Grillo believes the law is directed at him. Whether it is or not doesn’t really matter. The law’s impact would turn all bloggers in Italy into potential outlaws. This could be great for their traffic, I realise, but hell on the business aspirations of an Italian web start-up, not to mention any tech company that wants to sell its blog-publishing software in Italy, or open a social network here. In addition to driving out potential tech jobs, the stifling of free speech also can have a dramatic chilling effect on all forms of free expression, the arts and scholarship.

I am thinking specifically here of my students. I teach an introductory journalism course at John Cabot University in Rome. My students cover the city and university affairs in an online blog-style newspaper called The Matthew Online. If this law is to pass, we could not simply move the blog to an offshore server. We’d be one of the few who would be forced to abide by this crazy law.

Each semester, I’d have to get 20 or so students registered with the Ministry of Communications, a bureaucratic nightmare that would no doubt take more than a semester to complete, and would turn a generation of idealistic journalists away from the field forever, perhaps into something more rewarding like the assault rifle lobby. So, instead of teaching aspiring journalists about news reporting by having them do some actual news reporting, we could spend three months doing intro-writing exercises from a textbook.

And so I appeal to Italy’s Communications Minister, Paolo Gentiloni, a former journalist himself, and Ricardo Franco Levi, the lawmaker who conceived of this wrong-headed bill. Is silencing the youth of this country really the best solution to dealing with a few squeaky wheels?

lunedì 22 ottobre 2007

De Magistris: indagavo su un sistema di potere e mi hanno spogliato di tutte le inchieste
10:54 lun 22 ottobre 2007
Dopo il clamoroso provvedimento di avocazione dell'ultima inchiesta che gli rimaneva, la "Why Not" (inchiesta sul finanziamento illecito ai partiti cui era stato iscritto in veste di indagato anche il ministro della giustizia Mastella, nonchè il presidente del Consiglio Romano Prodi), il pm De Magistris si abbandona ad un amaro sfogo sulle pagine del quotidiano La Repubblica.

Ufficialmente l'avocazione c'è stata per motivi di "incompatibilità": Mastella aveva chiesto il trasferimento di De Magistris, quindi lo stesso De Magistris non poteva essere considerato super partes nell'indagare sul ministro. Avrebbe dovuto astenersi, ma non l'ha fatto. Da qui il provvedimento del procuratore generale della procura di Catanzaro, Dolcino Favi.

De Magistris non ci sta: "prima mi tolgono l'inchiesta Poseidone - dice - poi il tentativo di allontanamento, poi ancora l'avocazione dell'inchiesta Why Not, faccio le corna ma dopo rimane solo l'ipotesi della soppressione fisica". Parole pesantissime, ma quasi inevitabili in una situazione quasi surreale, in cui oltretutto il diretto interessato è venuto a conoscenza del provvedimento contro di lui da un'agenzia di stampa invece che da canali ufficiali come avrebbe dovuto essere.

"Che cosa sta accadendo?" gli domandano. La risposta non si fa attendere ed è diretta come una lama: "Il dato è quello dell'impossibilità materiale di svolgere il proprio ruolo. Se è vero, se è vero perché io non ho ancora ricevuto alcuna notifica, ci avviamo al crollo dello stato di diritto. E un altro punto nevralgico è quello dell'articolo 3 della Costituzione che qui si sta mettendo in gioco: i cittadini italiani sono tutti uguali davanti alla legge? Se uno arresta chi fa la tratta di esseri umani o i trafficanti di droga gli arrivano i telegrammi e gli applausi - continua (...) - Ma poi viene cacciato quando indaga sulla pubblica amministrazione. Cosa significa allora? A questo punto la partita non può essere più - visto che il tema è così alto - trasferite o non trasferite De Magistris. Io pongo un altro problema: un magistrato così può rimanere in magistratura? (...) Questo è il tema che è in gioco nel Paese: se un magistrato può continuare a indagare su tutti i cittadini o no".

Dopo aver lanciato accuse nemmeno tanto velate sulla fuga di notizie che ha determinato la sua avocazione (de magistris ipotizza una vera e propria "strategia della tensione" diretta contro di lui) il magistrato dichiara di vedere un futuro nero per la matistratura italiana: "il segnale che hanno lanciato è molto chiaro: la magistratura non può più indagare in alcune direzioni. Questo è evidente. Poi è anche la conferma di come una parte del potere giudiziario sta dentro il sistema. Una parte della magistratura è funzionale a certi sistemi oggetto di investigazioni, è fondamentale capire questo. Ecco perché si pone in discussione l'agibilità democratica all'interno della magistratura. Da un lato c'è un ritorno alla magistratura degli Anni Trenta, con segni sintomatici di quel periodo del prefascismo e del fascismo. E cioè la possibilità del ministro di trasferire in via cautelare dei magistrati. (...) Immaginate il messaggio che sta passando in questo momento nei confronti di tutti i colleghi"

venerdì 19 ottobre 2007

MASTELLA INDAGATO

Mastella indagato a Catanzaro
Inchiesta 'Why not', ad oggi nessun avviso di garanzia
(ANSA) - ROMA, 19 OTT - Il ministro Mastella risulterebbe essere stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Catanzaro fin dal 14 ottobre. Il provvedimento e' nell'ambito dell'inchiesta 'Why not'.

Ricardo Franco Levi, Sottosegretario della Presidenza del Consiglio con delega all’editoria



DIVENTERA' FAMOSO PER AVER CANCELLATO I BLOGS?

Ricardo Franco Levi niente piu' BLOG!

LA CASTA SI MOBILITA NEL TENTATIVO DI BLOCCARE L'UNICA VOCE LIBERA E AL DI FUORI DEL LORO CONTROLLO "INTERNET"NIENTE PIU'BLOG DI GRILLO?NIENTE PIU' BLOG SU MASTELLA? ECC.




Un disegno di legge licenziato dal Cdm lascia intravedere l'obbligo di iscrizione
al registro per chi ha attività editoriali, forse anche per chi ha un blog o un sito
Il governo riforma l'editoria
Burocrazia sul web? Allarme in rete
Aumenterebbero quindi anche per i "piccoli" su internet spese e sanzioni penali
Il sottosegretario Levi: "Non è questo lo spirito, deciderà l'Autorità"
di ALDO FONTANAROSA


ROMA - Consiglio dei ministri del 12 ottobre: il governo approva e manda all'esame del Parlamento il testo che vuole cambiare le regole del gioco del mondo editoriale, per i giornali e anche per Internet. E' un disegno di legge complesso, 20 pagine, 35 articoli, che adesso comincia a seminare il panico in Rete. Chi ha un piccolo sito, perfino chi ha un blog personale vede all'orizzonte obblighi di registrazione, burocrazia, spese impreviste. Soprattutto teme sanzioni penali più forti in caso di diffamazione.

Articolo 6 del disegno di legge. C'è scritto che deve iscriversi al ROC, in uno speciale registro custodito dall'Autorità per le Comunicazioni, chiunque faccia "attività editoriale". L'Autorità non pretende soldi per l'iscrizione, ma l'operazione è faticosa e qualcuno tra i certificati necessari richiede il pagamento del bollo. Attività editoriale - continua il disegno di legge - significa inventare e distribuire un "prodotto editoriale" anche senza guadagnarci. E prodotto editoriale è tutto: è l'informazione, ma è anche qualcosa che "forma" o "intrattiene" il destinatario (articolo 2). I mezzi di diffusione di questo prodotto sono sullo stesso piano, Web incluso.

Scritte così, le nuove regole sembrano investire l'intero pianeta Internet, anche i siti più piccoli e soprattutto i blog. E' così, dunque? Ricardo Franco Levi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e padre della riforma, sdrammatizza: "Lo spirito del nostro progetto non è certo questo. Non abbiamo interesse a toccare i siti amatoriali o i blog personali, non sarebbe praticabile".

Un esempio concreto, però: il blog di Beppe Grillo verrà toccato dalle nuove norme? Anche Grillo dovrà finire nel registro ROC? "Non spetta al governo stabilirlo - continua Levi - Sarà l'Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute davvero alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà stata discussa e approvata dalle Camere".

Insomma: se una stretta ci sarà, questa si materializzerà solo tra molti mesi, dopo il passaggio parlamentare e dopo il varo del regolamento dell'Autorità. Ma nell'attesa vale la pena di preoccuparsi. Perché l'iscrizione al ROC - almeno nella formulazione attuale - non implica solo carte da bollo e burocrazia. Rischia soprattutto di aumentare le responsabilità penali per chi ha un sito.

Spiega Sabrina Peron, avvocato e autrice del libro "La diffamazione tramite mass-media" (Cedam Editore): "La vecchia legge sulle provvidenze all'editoria, quella del 2001, non estendeva ai siti Internet l'articolo 13 della Legge sulla Stampa. Detto in parole elementari, la diffamazione realizzata attraverso il sito era considerata semplice. Dunque le norme penali la punivano in modo più lieve. Questo nuovo disegno di legge, invece, classifica la diffamazione in Internet come aggravata. Diventa a pieno una forma di diffamazione, diciamo così, a mezzo stampa".

Anche Internet, quindi, entrerebbe a pieno titolo nell'orbita delle norme penali sulla stampa. Ne può conseguire che ogni sito, se tenuto all'iscrizione al ROC, debba anche dotarsi di una società editrice e di un giornalista nel ruolo di direttore responsabile. Ed entrambi, editore e direttore del sito, risponderebbero del reato di omesso controllo su contenuti diffamatori. Questo, ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale.

mercoledì 17 ottobre 2007

"Mastella e Cuffaro testimoni di un mafioso"

venerdì 5 ottobre 2007
"Mastella e Cuffaro testimoni di un mafioso"

Questo è un estratto del discorso di Marco Travaglio durante il V-day di giorno 8 Settembre:

[Mastella] ..."aveva notato un ragazzino a Villabate, in provincia di Palermo, molto promettente: era presidente del consiglio comunale di Villabate che è stato sciolto per mafia; poi è stato ricostituito il consiglio comunale, lui era di nuovo presidente, è stato di nuovo sciolto. Questo ragazzo si chiama Francesco Campanella ed è il braccio destro del boss di Villabate che si chiama Nino Mandalà. Poi, a tempo perso, faceva il politico in consiglio comunale naturalmente nell'UDEUR. Mastella l'ha voluto premiare, perché questo ragazzo meritava un premio, dunque l'ha fatto segretario nazionale dei giovani dell'UDEUR. Io non so se esistano questi giovani dell'UDEUR ma il segretario nazionale esiste ed è Campanella. Campanella adesso è in galera perchè è un mafioso e quando si è sposato aveva come testimoni di nozze da una parte Mastella e dall'altra Totò Cuffaro. Pensate che matrimonio: in mezzo c'è un mafioso, da una parte il futuro ministro della Giustizia e dall'altra il futuro governatore della Sicilia."



Chi invece lo vuole ascoltare può guardare il video su youtube.

Basta!
Parlamento pulito!

Chi è stato condannato in via definitiva non deve più sedere in Parlamento.
E se la legge lo consente, va cambiata la legge.

Migliaia di sottoscrittori dell’appello lanciato da Beppe Grillo sul blog www.beppegrillo.it chiedono che i condannati in via definitiva non possano più rappresentare i cittadini in Parlamento, a partire da quello europeo.

E' profondamente immorale che sia loro consentito di rappresentarci.

Questo è l'elenco dei nomi dei rappresentanti italiani in Parlamento, nazionale o europeo, che hanno ricevuto una condanna:

I 25 CONDANNATI DEFINITIVI IN PARLAMENTO (Aggiornato a Giugno 2006)

1. Berruti Massimo Maria (FI)

2. Biondi Alfredo reato poi depenalizzato (FI)

3. Bonsignore Vito (Udc - Parlamento Europeo)

4. Borghezio Mario (Lega Nord - Parlamento Europeo)

5. Bossi Umberto (Lega Nord - Parlamento Europeo)

6. Cantoni Giampiero (FI)

7. Carra Enzo (Margherita)

8. Cirino Pomicino Paolo (Democrazia Cristiana - Partito Socialista)

9. De Angelis Marcello (An)

10. D'Elia Sergio (Rosa nel Pugno)

11. Dell'Utri Marcello (FI)

12. Del Pennino Antonio (FI)

13. De Michelis Gianni (Nuovo Psi)

14. Farina Daniele (Prc)

15. Jannuzzi Lino (FI)

16. La Malfa Giorgio (Pri)

17. Maroni Roberto (Lega Nord)

18. Mauro Giovanni (FI)

19. Nania Domenico (An)

20. Patriciello Aldo (Udc)

21. Previti Cesare (FI) Obiettivo raggiunto

22. Sterpa Egidio (FI)

23. Tomassini Antonio (FI)

24. Visco Vincenzo (Ds)

25. Vito Alfredo (FI)



Elenco delle condanne definitive a carico dei parlamentari

Tutti i post su Parlamento Pulito
- I magnifici ottantadue - 17 luglio 2006
- Tre new entry in Parlamento Pulito - 10 Giugno 2006
- Diciassette uomini sulla cassa del morto... - 23 Maggio 2006
- New entry in Parlamento Pulito - 23 Gennaio 2006
- Parlamento Pulito in India - 22 Gennaio 2006
- Stand up! Clean up! The Parliament... - 22 Novembre 2005
- Parlamento pulito! ( V puntata) - 14 Ottobre 2005
- Parlamento pulito! (IV puntata) - 23 Settembre 2005
- Appello del blog beppegrillo.it: Parlamento pulito! - 8 Settembre 2005
- Basta! Parlamento pulito!... Epilogo - 13 Luglio 2005
- Basta! Parlamento pulito! - 7 Giugno 2005

Parlamento Pulito sull'Herald Tribune



P.S. Diffondete questa iniziativa riportando la bandierina italiana sui vostri siti.

Basta! Parlamento pulito


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martedì 16 ottobre 2007

Voli blu e virate a destra. Un vizio da 300 milioni di euro

Il vizietto dei voli blu è bipartisan, con pesanti virate a destra. Prima dell'Airbus da Gran Premio di Mastella e Rutelli, prima del Falcon in stile famiglia abruzzese di Marini e delle premiere alate di Bertinotti, gli anni della Casa delle libertà per le squadriglie di Stato sono stati logoranti. «Le limitate risorse di velivoli e di personale sono sottoposte ormai da lungo tempo a un carico di lavoro che non è ulteriormente sopportabile», recita il documento di Palazzo Chigi sui voli di stato redatto nel settembre 2006. Nel corso dei due anni precedenti 11 tra Falcon e Airbus più una decina di Piaggio 180 dell'Aeronautica hanno consumato i motori. C’erano poi i viaggi con i cinque Falcon della Cai, la compagnia degli 007. E come se non bastassero le flotte di Stato, si sono noleggiati pacchetti viaggio da Eurofly e dalla squadriglia vip dell’Eni. Infine si è persino ricorso eccezionalmente ai Piaggio in dotazione a Esercito, Protezione civile e Finanza. La campagna elettorale del 2006 sarà ricordata come un incubo negli hangar di Ciampino, con tripli turni di piloti e tecnici per far fronte alle telefonate di Palazzo Chigi. Gettonatissima la rotta Roma-Olbia, per i frequenti soggiorni sardi del premier Silvio Berlusconi e del suo nutrito entourage. È durante questi spostamenti che il Cavaliere ha apprezzato le comodità dell’Airbus presidenziale, con salottini e zona letto silenziata. Un lusso di cui ha sentito la mancanza dopo la sconfitta elettorale, correndo subito ai ripari: ha acquistato un Airbus 319 CJ personale. Non uno a caso, ma lo stesso di Eurofly che veniva affittato a spese del contribuente negli anni del governo.Di sicuro, la bolletta finale dei voli di Stato è scioccante. Nel quinquennio del Cavaliere d’alta quota sono stati bruciati oltre 200 milioni solo per i jet dell’Aeronautica. A questi vanno aggiunti 4 milioni per il noleggio degli aerei di Eni ed Eurofly, una quindicina di milioni per quelli dei servizi segreti e qualche manciata di milioni per le “Ferrari dei cieli” della Piaggio destinate alle escursioni dei sottosegretari. Nell’epoca Prodi si sostiene di avere frenato i decolli nel secondo semestre 2006 e tagliato ancora quest’anno: il conto del 2007 dovrebbe essere di “soli” 28 milioni. Poco, rispetto ai 52 di tre anni fa. Ma alla fine in sette anni dalle tasche degli italiani voleranno via 300 milioni.
“Nel blu dipinto di blu, felici di stare lassù”

Scritto il 08/10/07 alle

Case in saldo a Deputati e Senatori
10:47 ven 31 agosto 2007
A Roma acquistare casa in centro è impresa ardua, si sa: prezzi proibitivi e scarsa disponibilità di appartamenti liberi. Non per tutti però da quanto si legge sulle pagine de "L'Espresso" in edicola oggi.

Un'inchiesta del noto settimanale svela come, a undici anni dall'inchiesta "affittopoli" del Giornale di Vittorio Feltri, i privilegi emersi allora, invece che sanati, sembrino oggi essersi consolidati.

Se nel 1996 politici e "potenti" in genere furono accusati di pagare affitti bassissimi per appartamenti siti nelle zone più prestigiose della capitale oggi si apprende come, grazie alla mediazione di grandi enti e società come Ina-Assitalia, Pirelli, Inpdai (ente previdenziale dei dirigenti) e Generali, quelle e altre abitazioni siano divenute di proprietà di Deputati e Senatori a prezzi a dir poco favorevoli.

Gli intrecci tra società, enti, politici e loro familiari risultano, come emerge dalle pagine de "L'Espresso", spesso complessi e non privi di ombre. Il meccanismo però è quasi sempre lo stesso: il politico di turno, di solito ex affittuario a canone agevolato, riesce ad acquistare l'immobile, pagandolo molto meno del valore effettivo, sfruttando le agevolazioni fornite da enti e società private ai propri inquilini. Fin qui tutto in regola, se non fosse che tale legittimo privilegio sembra non sia stato accordato a tutti gli aventi diritto bensì, nella maggior parte dei casi, a nomi illustri della politica.

Tra i tanti nomi e cognomi noti (19 per l'esattezza) spiccano, spesso affiancati a quelli delle rispettive signore, Walter Veltroni, Pierferdinando Casini, Clemente Mastella, Franco Marini e Francesco Cossiga.

La versione online dell'inchiesta fornisce anche una mappa interattiva degli appartamenti "incriminati" associati ai politici acquirenti. Per i dettagli si rimanda al settimanale in edicola e al sito de "L'Espresso".

Emeriti benefici: 30 uomini per ogni ex presidente

Si parla di tagli e volano le polemiche. Fino a investire il Colle più alto della Repubblica, quello del Quirinale. Francesco Cossiga non ha peli sulla lingua: «Non metterò più piede là dentro nemmeno quando quelli lì mi convocheranno per le consultazioni di rito in caso di crisi di governo». Cossiga tuona, ma non è il solo a sentirsi colpito. Anche Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi, gli altri due ex presidenti della Repubblica, celano a fatica il loro disappunto e in privato si lamentano delle ultime iniziative del Colle.
Nella corsa ai risparmi che dovrebbe portare a un dimagrimento dei costi del Quirinale (217 milioni nel 2006), è stato preso di mira il trattamento concesso agli ex capi dello Stato. Una voce di spesa che per ragioni di riservatezza la presidenza della Repubblica preferisce non divulgare: a “L’espresso” è stato opposto un cortese rifiuto.
Cosa c’è in ballo esattamente? A ciascuno dei presidenti cessati dalla carica spetta una lunga serie di servizi a spese del Quirinale: un dipendente della presidenza della Repubblica, con funzioni di segretario, distaccato (in posizione di “comando”) nel suo staff; due dipendenti, con funzioni di guardarobiere e di addetto alla persona, distaccati presso l’abitazione privata. Ancora: un telefono cellulare o satellitare, un fax, una linea urbana riservata, un collegamento “punto punto” con il centralino della presidenza, uno con la batteria del Viminale e una connessione diretta con la centrale dei servizi di sicurezza del Quirinale. Con una particolarità: la duplicazione di questi impianti, uno installato presso lo studio e l’altro presso l’abitazione. E non è finita: agli ex spettano anche collegamenti (sempre duplicati) telematici per la consultazione delle agenzie di stampa e di banche dati, e televisivi in bassa frequenza. Infine, c’è l’auto, «dotata di telefono veicolare» e con autista, spettante anche alla vedova dell’ex presidente o al primo dei suoi figli.
A questa dote a carico del Quirinale gli ex presidenti sommano (oltre all’uso di navi, aerei e treni a cura della presidenza del Consiglio) pure le garanzie per i senatori a vita previste da Palazzo Madama: un ufficio (tra i 150 e i 200 metri quadrati) e segreterie particolari con un capufficio, tre funzionari, due addetti alle mansioni esecutive, altri due addetti alle mansioni ausiliari più, a scelta, un consigliere militare o diplomatico. Senza contare le scorte: contando le postazione fisse davanti alle case, ci sono una ventina di poliziotti e carabinieri. Insomma: oltre 30 persone al servizio di ciascun ex presidente.
(tratto da l'articolo di Primo Di Nicola in edicola questa settimana su L'espresso)

lunedì 15 ottobre 2007

I contributi alla stampa

La casta dei giornali. I contributi alla stampa
Le sovvenzioni pubbliche all'editoria italiana raccontate nel nuovo libro di Beppe Lopez
15/10/2007



Nei paesi maggiormente industrializzati esiste un sistema analogo?
Mi risulta che esistano pratiche analoghe, ma non con le nostre modalità (accentuatamente assistenziali, clientelari e truffaldine) e non nelle nostre dimensioni economiche. Inevitabilmente, anche su questo terreno – come complessivamente per i “costi della politica” – l’Italia è un paese, diciamo così, anomalo.

L’aiuto statale non è una garanzia alla libertà di stampa, nel senso di consentire a tutti di poter esprimere le proprie idee?
Indubbiamente, la libertà di mercato è una strana libertà che va tutelata con interventi animati da interessi pubblici. Questo vale anche e soprattutto nell’informazione e nella comunicazione – settori produttivi democraticamente molto sensibili - investiti negli ultimi decenni da una forte tendenza alla concentrazione (anche pubblicitaria) e all’omologazione, Perciò vanno incoraggiate e incentivate le nuove iniziative, l’innovazione, la concorrenza, le cooperative, l’informazione locale e indipendente. In questi settori promuovere al massimo il ventaglio dell’offerta merceologica significa promuovere il pluralismo e quindi la democrazia.

Ma, come peraltro negli altri settori produttivi e merceologici, non bisogna esagerare e seguire alcune modalità anziché altre. Si dovrebbe, ad esempio, favorire (con contributi e agevolazioni) la nascita di nuovi giornali e poi, dopo un certo periodo, consentire che vadano avanti con le proprie gambe. Le attuali provvidenze, al contrario, arrivano solo a giornali pubblicati da almeno cinque anni e poi, di fatto, non vengono più tolte. E agevolano la potenza e prepotenza dei grandi gruppi editoriali, che stanno letteralmente desertificando l’area dell’editoria regionale, minore e indipendente.

Gli editori italiani non sono quasi mai editori puri, ma hanno interessi in altre attività. Come fanno i giornalisti a difendere l'informazione da questi interessi?
Bella domanda! La tutela dell’indipendenza dell’informazione può essere perseguita, in teoria, a tre livelli: le condizioni materiali di indipendenza e autonomia della professione (e delle aziende); una forte e non corporativa organizzazione sindacale; l’onestà intellettuale, il coraggio e le capacità professionali del singolo giornalista. Il fatto che, salvo pochi esempi che si contano sulla punta delle dita di una sola mano, in Italia non esistano editori puri di giornali – o meglio, che non siano mai esistiti – ha avuto e ha conseguenze strutturali devastanti su tutti e tre i livelli.

In Italia non esiste un vero e proprio mercato dell’informazione: perciò non esistono editori puri e non esiste una cultura professionale “di mercato”. Bisogna chiedersi, prima ancora di come possano fare i giornalisti a difendersi dagli interessi extra-editoriali degli editori, cosa si debba fare per avviare da qualche parte un meccanismo virtuoso che introduca pur progressivamente una vera logica di mercato e di pluralismo nel nostro settore. E qui l’intervista potrebbe ricominciare.

Fabio Cavallotti

I contributi alla stampa

La casta dei giornali. I contributi alla stampa
Le sovvenzioni pubbliche all'editoria italiana raccontate nel nuovo libro di Beppe Lopez
15/10/2007



Numerosi editori utilizzano il cosiddetto “panino”, ovvero paghi un giornale per acquistarne due. E’ un’iniziativa promozionale oppure c’è qualche altro motivo?
Se è per questo, è sempre più diffusa anche la “promozione” attraverso la distribuzione gratuita dei giornali. Li trovi sempre più spesso: in aereo, negli alberghi, nelle sale d’aspetto, nelle banche, persino per strada. Si tratta di iniziative molto sfaccettate alle quali concorrono, a seconda dei casi e in diversa misura, vari fattori. Ragioni autenticamente promozionali e la ricerca di un aumento, anche fittizio, di diffusione da far valere sul mercato pubblicitario valgono soprattutto per i grandi giornali. Ma una delle ricadute più sciagurate delle provvidenze per l’editoria, specie a livello di piccole testate (e di testate-fantasma), è proprio questa: più stampi e più contributi prendi. Un caso ormai proverbiale è quello di Europa, organo della Margherita: vende sotto le cinquemila copie ma per conquistare i suoi 3,7 milioni di euro è costretta a stamparne trentamila.

Una stampa, un’editoria, tenute al cappio, attraverso i soldi pubblici, dal potere politico quanto possono essere indipendenti e liberi?
Questo è il cuore del problema: una stampa finanziata è inevitabilmente una stampa non indipendente. Comunque una stampa che ha relazioni opache col potere politico, che quei finanziamenti decide. Un problema dalle conseguenze solo attenuate nel caso di grandi giornali che, in florido attivo, del contributo statale potrebbero fare a meno. E che, ormai, sono diventati in qualche caso un potere talmente forte che può imporre a una classe politica in crisi e a istituzioni indebolite di non intaccare quella rendita economica. Nel caso dei piccoli giornali, è indiscutibile: dipendono da quei contributi e quindi dai rapporti che riescono a mantenere con questo o quel pezzo del potere politico.

Come un cittadino può sapere a chi sono erogati i contributi all’editoria?
Basta collegarsi, su Internet, al sito www.governo.it e andare a vedere nel settore riservato al dipartimento per l’Informazione e l’Editoria.

I contributi alla stampa

La casta dei giornali. I contributi alla stampa
Le sovvenzioni pubbliche all'editoria italiana raccontate nel nuovo libro di Beppe Lopez
15/10/2007



E’ vero che Libero, un giornale molto attento sugli sprechi di denaro pubblico, ha incassato cinque milioni di euro come organo del “Movimento monarchico italiano”?
Sono molti i giornali liberisti o comunque molto severi sui “costi della politica” e sull’assistenzialismo pubblico – dal Corriere della Sera a ItaliaOggi, dal Sole-24 Ore al Riformista, dal Foglio a Libero – che incamerano le provvidenze statali per l’editoria. Il giornale di Vittorio Feltri incassava 5 milioni di euro già sul 2003 quale organo di quel sedicente movimento. Come peraltro la testata di Giuliano Ferrara si portava a casa 3,4 milioni come organo della “Convenzione per la giustizia”. Così come altre testate minori: l’Opinione della Libertà, organo del “Movimento della Libertà per le garanzie e i diritti civili” (1,7 milioni); il Roma del “Movimento mediterraneo”, Il Giornale d’Italia del “Movimento pensionati”, ecc.

Dal 2004, però, questo trucco è stato neutralizzato. A parole. Nei fatti, Libero e i suoi confratelli organi di movimento hanno continuato a prendere quattrini in quanto trasformatisi in “cooperativa”. Cooperativa editoriale nella quale non è ovviamente richiesto una maggioranza di cooperatori giornalisti (requisito finalmente introdotto nel disegno di legge approvato nei giorni scorsi dal governo-Prodi e che ora sarà discusso in Parlamento). Nel 2004 il contributo a Libero – che nel frattempo dovrebbe essersi trasformato in “Fondazione” (presumibilmente per neutralizzare gli effetti della preannunciata stretta sulle cooperative “editoriali” e con l’intenzione di continuare ad accedere ai contributi con le stesse modalità dell’Avvenire, proprietà della Conferenza Episcopale Italiana) - risulta di poco meno di 6 milioni.

Ha un nome e un numero la legge che consente questo genere di finanziamenti?
Le provvidenze per l’editoria sono elargite sulla base di una serie di leggi, provvedimenti, finanziarie, circolari e decreti sovrappostisi nel tempo senza alcuna logica e coerenza, nemmeno giuridica. Una stratificazione normativa di complicata applicazione e di difficile lettura. Un autentico ginepraio. Solo nel testo degli ultimi contributi ufficializzati, sono citate ben dodici fonti legislative.

Questi contributi pubblici sono compatibili con la normativa europea, che vieta gli aiuti di Stato?
Non sono un esperto di diritto europeo. Credo che effettivamente il sistema delle provvidenze per l’editoria presenti profili di illegittimità per quello che riguarda l’intervento dello Stato nel mercato e, in particolare, per le regole e i principi della libera concorrenza. L’intervento pubblico nel campo dell’informazione – nelle proporzioni e con le modalità acquisite in Italia – costituisce un caso clamoroso di dilapidazione delle risorse pubbliche, di distorsione del mercato e di manipolazione della circolazione delle idee e della vita politica e democratica. Confesso che mi chiedo ancora come, dall’Europa, non sia mai arrivato alcun richiamo o sanzione al nostro paese.

Il modello dell’intervento pubblico all’editoria ha avuto origine nel ventennio fascista ed è sopravissuto in epoca repubblica. Perché?
In effetti, il modello si è evoluto - praticamente senza soluzione di continuità - più sul piano quantitativo che su quello qualitativo. In origine, si trattava di corrompere e di reclutare, in via del tutto riservata, singoli giornalisti e testate. Poi si è cominciato con il contributo ufficiale e “a pioggia” per la carta.

Infine, diciamo negli ultimi venticinque anni, si è dato vita ad un accumulo progressivo di norme mirate su aspettative e favori specifici (riservati agli “amici degli amici”), ma diventate inevitabilmente per tutti, a pioggia. E più norme ad personam si confezionavano, più la platea dei profittatori – anche non previsti – si ampliava. Sino a raggiungere le attuali, mostruose dimensioni, per tacere delle modalità per molti aspetti addirittura truffaldine.

La casta dei giornali

La casta dei giornali. I contributi alla stampa
Le sovvenzioni pubbliche all'editoria italiana raccontate nel nuovo libro di Beppe Lopez
15/10/2007

Il libro fa luce sul denaro pubblico, all’incirca 700 milioni di euro, che finisce nelle casse di grandi gruppi editoriali, giornali e organi di partito. Un’elargizione che non fa distinzione di partito o area politica. La Casta dei giornali, edito da Stampa alternativa-Eri Rai, ripercorre la storia di questa vicenda che trova origine, addirittura, nel ventennio fascista.
L’autore, in questa intervista, ci racconta i punti più scandalosi dell’inchiesta.

Un fiume di denaro pubblico arriva ai giornali italiani, anche se appartenenti a società quotate in Borsa.
Si tratta proprio di un fiume di denaro, sottratto alle disastrate finanze statali, mentre si applica un prelievo fiscale da lacrime e sangue, e si tagliano servizi e pensioni. Con le due ultime Finanziarie, l’esborso statale ufficiale in applicazione della sola “legge per l’editoria” sarebbe passato da 600 a 450 milioni. E con la Finanziaria in discussione in questi giorni si andrebbe ad un ulteriore taglio dell’esborso. Preannunciato in un primo tempo nell’ordine del 7%, esso alla fine sarà forse meno severo.

Ma, al di là della ufficialità e delle buone intenzioni del governo in carica, resta il dato storico: lo Stato italiano finanzia generosamente i giornali italiani – grandi e piccoli, quotati in borsa e di partito, di cooperative e di “movimenti” fantasma, di finte cooperative e di imprese truffaldine – insieme a periodici, agenzie di stampa e radio e televisioni locali. Un fiume di contributi, provvidenze e agevolazioni tariffarie con una portata fra i 700 e i 1.000 milioni di euro in un anno. 700 è la cifra che in un solo anno ha effettivamente richiesto l’applicazione della legge per l’editoria. Di circa 1.000 (di meno? di più? Non si sa) si può parlare se si tiene conto delle convenzioni e dei contributi elargiti dai singoli ministeri, regioni, ecc.

Come avvienne questo finanziamento?
La parte più cospicua delle provvidenze se ne va in “contributi indiretti”: agevolazioni postali (228 milioni nel 2004), rimborsi per l’acquisto della carta (per fortuna aboliti nel 2005), agevolazioni telefoniche, elettriche, ecc. Contributi che premiano in particolare i grandi gruppi editoriali con molte testate, alte tirature e ampi organici. Così la Rcs è arrivata in un anno a prendere 23 milioni, la Mondadori 19 per le poste e 10 per la carta, Il Sole-24 Ore 19, la Repubblica-Espresso 16, l’Avvenire 10...

giovedì 11 ottobre 2007

SPECIALE SI DIVERTE CON I NOSTRI SOLDI

POLITICA


Mogli e amici a bordo di un aereo del corpo, e poi di un elicottero
per una gara di sci sulle Dolomiti. Una trasferta filmata: ecco il video
Gite in montagna e pesce fresco in baita
così Speciale usava l'Atr della Finanza
di CARLO BONINI

Gite in montagna e pesce fresco in baita
così Speciale usava l'Atr della Finanza


Un'immagine dal video della Finanza
ROBERTO Speciale con coppola e montone. Le signore in pelliccia. Tutti a Passo Rolle. Per la festa sulla neve. A bordo dell'Atr 42 della Guardia di Finanza. E a cena pesce freschissimo. In casse caricate all'aeroporto di Pratica di Mare e spedite con volo militare. L'ex comandante della Guardia di Finanza ha chiesto al Paese cinque milioni di euro perché il suo onore di "uomo delle Istituzioni" e di "ufficiale" con la schiena dritta trovi giusto ristoro al "massacro" che ne avrebbero fatto in Parlamento il ministro dell'Economia Padoa-Schioppa e il suo vice Vincenzo Visco.

Un giudice amministrativo deciderà di qui a tre settimane del risarcimento. E' un fatto che, liberi dalla sua ombra, gli archivi della Guardia di Finanza cominciano a restituire qualche documento che racconta chi è Roberto Speciale. Come ha interpretato il suo comando. Quale uso abbia fatto delle risorse destinate al lavoro di un Corpo che, spesso, a fine anno, non ha risorse per mettere la benzina nelle sue macchine.

Parliamo di un filmato ufficiale girato in una fredda mattina del febbraio 2005. A passo Rolle (Trentino Alto Adige) si apre la 55esima edizione delle "gare invernali di sci" del Corpo. Un operatore delle Fiamme Gialle rivolge l'obiettivo della telecamera sull'orizzonte cobalto della pista di atterraggio dell'aeroporto di Bolzano. Nell'assolo trionfale e lancinante di una chitarra elettrica che fa da colonna sonora alle immagini, un Atr 42 turboelica del Corpo (aereo destinato, secondo le informazioni diffuse dal sito istituzionale della Finanza, al "contrasto del contrabbando", alla "sorveglianza delle coste", alle "missioni umanitarie", giocattolo da 3.500 euro l'ora, escluso il costo dell'equipaggio) si posa a terra. Il bestione rulla, avvicinandosi lentamente all'aerostazione e la musica cresce. Cresce nell'enfasi compiaciuta della regia.

Un drappello di infreddoliti ufficiali si avvicina al portellone posteriore, guidato dal generale Giulio Abati (allora comandante regionale del Trentino Alto Adige). Attesa. Poi, ecco il primo passeggero. Una signora avvolta in una pelliccia di volpe. La moglie di Roberto Speciale. Ecco il secondo. Un'altra pelliccia di volpe. La signora D'Amato, moglie del generale Salvatore D'Amato (all'epoca comandante interregionale di Napoli). Ora, la terza pelliccia. Volpe come sopra, ma rovesciata. Una giovane donna che nessuno dei presenti sembra conoscere o riconoscere, salvo l'autista del comandante generale che aspetta sottobordo e con cui scambia un affettuoso bacio.

Quindi tocca agli uomini. Un ragazzone dall'abito sportivo con una sporta di carta; un uomo di mezza età che sembra accompagni la più giovane delle signore; il generale D'Amato, in giacca a vento e quindi lui, il Comandante. Immagini di vederlo fare capolino in alta uniforme. E invece il generale si è "messo" da montagna. Coppola, giacca di montone con bottoni in osso, morbidi pantaloni in velluto verde petrolio. Lo salutano militarmente. Lui risponde allungando morbidamente la mano nel gesto dell'omaggio.

Da Bolzano a Passo Rolle sono 50 minuti di auto. La giornata è serena. In fondovalle non c'è neve. Ma la comitiva, visibilmente compiaciuta, non si nega lo spettacolo delle cime. Si accomoda su un elicottero Ab 412 del Corpo che attende a bordo pista. La chitarra elettrica della colonna sonora pesta in un ennesimo assolo, mentre l'obiettivo stringe sulle signore in pelliccia issate a bordo, su un comandante chino ad allacciare le cinture di sicurezza a chi non sa neppure da dove si cominci. Su Speciale, che ora ha tolto la coppola e inforcato dei "Rayban" a goccia con cui osserva compiaciuto il lavoro agiografico del cine-operatore.

Di nuovo in aria. Il Cimon della Pala è magnifico. I tre generali che attendono a Malga Fossa (Nino Di Paolo, generale di corpo d'armata, comandante a Firenze; Luciano Pezzi, generale di divisione, Lucio Macchia, generale di corpo d'armata) sono tre deferenti statue di ghiaccio. Alla malga, ai piedi dell'elicottero appena atterrato in una nuvola di neve farinosa, il cerimoniale si ripete nella sua sequenza grottesca. Nessuno sa bene chi salutare. Anche perché alcuni di quelle signore e signori non li conosce nessuno. Finche una Land Rover blu notte tirata a lucido se ne va con gli ospiti.

Non sembra questa la sola pagina umiliante scritta a Passo Rolle. Di storie, nel Corpo, se ne raccontano di tutti i colori. E almeno una ha lasciato tracce documentali e testimoniali. Speciale ama il pesce fresco. E, si sa, le malghe non ne offrono. In un'occasione, dunque, dall'aeroporto di Pratica di Mare viene fatto sollevare un Atr 42 con a bordo un metro cubo di pesce. Il piano di volo prevede l'atterraggio a Bolzano, quindi il disimbarco e la consegna del prezioso carico in montagna.

Il pilota è il maggiore Aldo Venditti. Ma il poveretto non ha fortuna. Le condizioni meteo su Bolzano lo obbligano ad atterrare a Verona, dove nessuno aspetta pesce. Tantomeno un drappello di sconcertati "baschi verdi" che rifiutano di farsi facchini. Tocca al pilota. E la storia smette di essere un segreto.


(11 ottobre 2007)

mercoledì 10 ottobre 2007

Tutti gli uomini del ministro

Tutti gli uomini del ministro: consulenze a centinaia nei palazzi de "la casta"
14:35 mar 09 ottobre 2007
Erano mille, erano giovani e forti e...son consulenti! E per la precisione, sono anche di più: 1253, numero che racchiude in sè una galassia infinitamente variegata, una costellazione di giornalisti, rettori, giuristi, webmaster, professori, avvocati e - ovviamente - "figli di" che, mese dopo mese, appesantiscono il già gravemente obeso bilancio dello Stato. Saldamente in testa nella classifica del "facciamo a chi ha più consulenti" figurano i ministri Rutelli e Pecoraro Scanio, rispettivamente con 436 e 344. Al confronto il tanto vituperato Mastella e l'integerrimo di Pietro, entrambi con zero consulenti, sono veramente dei "poveracci".

E' vero, per essere onesti bisogna dire che spesso i consulenti non sono altro che dipendenti sotto falso nome (il ministero dell'ambiente quando fu costituito non poteva assumere e risolse l'impasse con una poderosa infornata di contratti a termine) e bisogna altresì ricordare che molti dei consulenti i ministri se li ritrovano sul groppone grazie alla "generosità" dei ministri uscenti, che prima di levare le tende di solito rinnovano tutti i contratti.

Ma anche così...i nudi numeri fanno rabbia: i 5 consulenti (100mila euro l'anno) reclutati da Pecoraro Scanio per il suo gabinetto, gli 8 per i suoi sottosegretari, i 54 per la "protezione della natura", i 107 per la "ricerca ambientale", i 138 per la "difesa del suolo" (e la lista è ancora lunga)...stando a questi numeri l'Italia dovrebbe essere tutta un unico giardino, ubertoso di colori e di profumi...invece la realtà è sotto gli occhi di tutti. Qualunquismo? Forse, ma di nuovo fa rabbia scoprire come i fantomatici "esperti" (e qui non si parla solo di Pecoraro Scanio) lungi dall'essere veramente le persone più qualificate nel campo siano quasi sempre colleghi di partito del ministro di turno, quando non addirittura "figli di" un altro ministro (fin qui Mastella era risultato troppo integerrimo, allora citiamo un esempio per tutti: Pellegrino Mastella, "figlio di", consulente del ministero per le Attività produttive, incarico ufficiale "attività di collaborazione finalizzata all'approfondimento delle specificità dei modelli anglosassoni"). E ancora, fa rabbia la fumosità degli incarichi attribuiti: il sospetto - inevitabile - è che la nebulosità sia strategica, al fine di poter distribuire prebende senza una reale necessità e senza essere per questo criticabili.

Condiamo con un altro pizzico di qualunquismo? Ma sì (non guasta mai): un po' di economia e di sacrifici, anche lato ministri, non farebbe schifo a nessuno, tanto meno all'italico fiscalizzato popolo.

lunedì 8 ottobre 2007

Palazzo d'ingiustizia

Palazzo d'ingiustizia

di Riccardo Bocca
Il rafforzamento degli uffici giudiziari calabresi voluto dal governo. E affidato a personaggi vicini a Saladino. Proprio l'indagato del pm De Magistris. Che Mastella vuole trasferire
Il Ministro della Giustizia Clemente Mastella
Lunedì 8 ottobre il Consiglio superiore della magistratura deciderà se trasferire il sostituto Luigi De Magistris dalla Procura di Catanzaro. Nell'attesa, l'atmosfera è pesante per tutti. E lo sarà ancora di più per una vicenda che vanta tra i protagonisti sia il ministro della Giustizia Clemente Mastella (cioè colui che ha chiesto di allontanare De Magistris), sia l'ex capo della Compagnia delle opere in Calabria Antonio Saladino: principale indagato del pm De Magistris nell'inchiesta 'Why not' sullo scippo dei fondi pubblici, ma anche manager smaliziato che al telefono si rivolge a Mastella con un amichevole "Clemente", ricevendo in cambio un affettuoso "Tonì".

Adesso, il guardasigilli Clemente e l'indagato Tonì si ritrovano in una storia delicatissima. Tema: il sostegno da parte delle istituzioni alla lotta contro la 'ndrangheta. È questo il fulcro della convenzione firmata il 14 maggio scorso dai ministeri della Giustizia e dell'Interno. Un documento che ha concretizzato nel migliore dei modi il 'Patto Calabria sicura', siglato a febbraio da ministero dell'Interno, presidente della Regione Calabria e altre autorità locali. Nel testo si parla di "interventi urgenti nelle zone di Lamezia, Gioia Tauro e della Locride" per potenziare "le risorse umane e tecnologiche dell'apparato di prevenzione e contrasto anticrimine". Si annuncia l'assunzione con "contratto di lavoro interinale di dieci mesi di 60 unità". E si dice che i nuovi arrivi aiuteranno uffici giudiziari e procure varie "nell'archiviazione, formazione e predisposizione degli atti".

Fin qui, tutto bene. Anzi benissimo, perché la convenzione di maggio indica anche i requisiti per gli aspiranti operatori. I candidati, si legge, devono avere almeno "il diploma di istituto di istruzione professionale, equipollente a quello di istruzione secondaria superiore". Non devono essere stati "destituiti o cacciati per motivi disciplinari da una pubblica amministrazione". E devono avere tenuto "una condotta irreprensibile come previsto per l'accesso alla magistratura". Viceversa, non si fa cenno alle caratteristiche dell'agenzia di lavoro che sarà incaricata delle selezioni. E non si trova un rigo sulle procedure che la stessa azienda dovrà seguire. Si dice solo che la selezione dovrà avvenire con una procedura ispirata al "massimo dell'oggettività e della trasparenza". Il che significa tutto e niente.

Anche per questo c'era curiosità, lo scorso 7 settembre. Quel giorno la Prefettura di Reggio Calabria ha annunciato la stipula del contratto con l'agenzia di lavoro Worknet spa. Ma non ha cancellato tutte le perplessità. Ad esempio: come si è giunti all'assegnazione? C'è stata una gara pubblica? E che condizioni sono state fissate dallo Stato? A rispondere è Luisa Latella, vice prefetto vicario a Reggio. La quale spiega che non c'è stata alcuna gara pubblica. Anzi: seguendo il decreto 163/2006, "la Prefettura ha attuato la trattativa privata plurima". Ha cioè convocato a sua discrezione una serie di ditte. "Selezionate su Internet", dice Latella. Dopodiché ha scelto soltanto "in base all'offerta più bassa". Che era appunto quella di Worknet spa: un'azienda della filiera Gi Group, il cui amministratore delegato è Stefano Colli Lanzi, docente di Economia alla Cattolica di Milano.

Da parte sua, la direzione business di Worknet spa conferma. E va oltre. Per vincere, dice, ha presentato un ribasso del 22,77 per cento, con un'offerta finale di 1 milione 258 mila 816 euro. Il che sarebbe perfetto se la storia finisse qui. Invece la storia inizia qui. Nel momento in cui telefoniamo alla filiale di Reggio Calabria della Worknet spa, e poniamo due domande: chi è il capo di questa sede? E chi ha seguito, giorno per giorno, le selezioni dei 60 operatori giudiziari finite il 26 settembre? Le risposte sono esplosive. L'uomo forte della sede, spiega un dipendente al registratore, si chiamaBruno Idà. Un nome noto, in Calabria, da quando lo scorso inverno è stato arrestato in un'inchiesta sui traffici di carne avariata

MASTELLA IN AMERICA

NON BASTANO PIU' LE AUTO BLU?

domenica 7 ottobre 2007

CAMERA DEI deputati

Riforme, commissione Camera dice sì a riduzione ...



PARLAMENTO PULITO

Basta!

Parlamento pulito!

Parlamento_pulito_big.JPG
Basta! Parlamento pulito.

Chi è stato condannato in via definitiva non deve più sedere in Parlamento.
E se la legge lo consente, va cambiata la legge.

Migliaia di sottoscrittori dell’appello lanciato da Beppe Grillo sul blog www.beppegrillo.it chiedono che i condannati in via definitiva non possano più rappresentare i cittadini in Parlamento, a partire da quello europeo.

E' profondamente immorale che sia loro consentito di rappresentarci.

Questo è l'elenco dei nomi dei rappresentanti italiani in Parlamento, nazionale o europeo, che hanno ricevuto una condanna:

I 25 CONDANNATI DEFINITIVI IN PARLAMENTO (Aggiornato a Giugno 2006)

  1. Berruti Massimo Maria (FI)

  2. Biondi Alfredo reato poi depenalizzato (FI)

  3. Bonsignore Vito (Udc - Parlamento Europeo)

  4. Borghezio Mario (Lega Nord - Parlamento Europeo)

  5. Bossi Umberto (Lega Nord - Parlamento Europeo)

  6. Cantoni Giampiero (FI)

  7. Carra Enzo (Margherita)

  8. Cirino Pomicino Paolo (Democrazia Cristiana - Partito Socialista)

  9. De Angelis Marcello (An)

  10. D'Elia Sergio (Rosa nel Pugno)

  11. Dell'Utri Marcello (FI)

  12. Del Pennino Antonio (FI)

  13. De Michelis Gianni (Nuovo Psi)

  14. Farina Daniele (Prc)

  15. Jannuzzi Lino (FI)

  16. La Malfa Giorgio (Pri)

  17. Maroni Roberto (Lega Nord)

  18. Mauro Giovanni (FI)

  19. Nania Domenico (An)

  20. Patriciello Aldo (Udc)

  21. Previti Cesare (FI) Obiettivo raggiunto

  22. Sterpa Egidio (FI)

  23. Tomassini Antonio (FI)

  24. Visco Vincenzo (Ds)

  25. Vito Alfredo (FI)



Elenco delle condanne definitive a carico dei parlamentari

Tutti i post su Parlamento Pulito
- I magnifici ottantadue - 17 luglio 2006
- Tre new entry in Parlamento Pulito - 10 Giugno 2006

- Diciassette uomini sulla cassa del morto... - 23 Maggio 2006
- New entry in Parlamento Pulito - 23 Gennaio 2006
- Parlamento Pulito in India - 22 Gennaio 2006
- Stand up! Clean up! The Parliament... - 22 Novembre 2005
- Parlamento pulito! ( V puntata) - 14 Ottobre 2005
- Parlamento pulito! (IV puntata) - 23 Settembre 2005
- Appello del blog beppegrillo.it: Parlamento pulito! - 8 Settembre 2005
- Basta! Parlamento pulito!... Epilogo - 13 Luglio 2005
- Basta! Parlamento pulito! - 7 Giugno 2005

Parlamento Pulito sull'Herald Tribune



P.S. Diffondete questa iniziativa riportando la bandierina italiana sui vostri siti.


IL PRIVILEGIO DEI POTENTI

IL PRIVILEGIO DEI POTENTI

di kingsun1 (03/06/2007 - 12:22)

PRivilegi ed indignazione


Riportiamo alcune notizie e ricordiamo alcune situazioni che sono gia' note a tutti ma che e' bene non dimenticare.

Il piu' scandaloso bluff.

Il debito dei Paesi del Terzo Mondo ammonta ad oltre 2000 miliardi di dollari.
Al congresso dei G8 di Genova (luglio 2001) i Paesi del Terzo Mondo hanno ricevuto una riduzione del debito di 53 miliardi di dollari (2.5% del debito).
Si tratta di una cifra minore del credito che comunque sarebbe perso in quanto non riscuotibile.
Ogni anno i debitori rimborsano al nord del mondo, solo di interessi, 225 miliardi di dollari quando secondo l'ONU basterebbero 80 miliardi di dollari per 10 anni per garantire acqua, scuola e cibo per tutti.
Consideriamo che i paesi poveri dal 1982 ad oggi hanno rimborsato di soli interessi 3450 miliardi di dollari .
In sostanza gli aiuti al terzo mondo arricchiscono il primo mondo.
O detto in altro modo, i poveri stanno finanziando i ricchi.

I nostri EUROdeputati.

I nostri eurodeputati sono i più pagati d'Europa
· 25 milioni al mese di stipendio (tre volte quello di un Inglese e quattro volte quello di Spagnoli, Portoghesi, Greci e Svedesi);
· 20 milioni al mese per il portaborse (si mormora scelto tra parenti e amici);
· 8 milioni al mese per le spese di gestione(telefono, cancelleria, ecc.);
· 500.000 lire al giorno come gettone di presenza (alcuni vanno, firmano e tornano, altri pare facciano di peggio, basti pensare che da Nov. "96 ad Apr. "97 sono intervenuti alle sessioni d'aula solo due Eurodeputati Italiani);
· 3 milioni per rimborso di ogni viaggio a Strasburgo o a Bruxelles (si dice che qualcuno usi il biglietto scontato e si faccia poi rimborsare il biglietto intero);
· 7 miliardi per l'assicurazione in caso di invalidità, 5 miliardi in caso di morte;
· 5 milioni per corsi di lingua
· 85 milioni circa di liquidazione (con un solo mandato maturano la pensione, hanno un rimborso per "un bollettino d'informazione" ed un forte contributo per sovvenzionare gite di elettori a Strasburgo. E pare che possano cumulare il tutto con altri stipendi e pensioni, anche se questo non sembrerebbe del tutto legale).
Ora si capisce perché gli eurodeputati italiani vengono chiamati all'estero FATCAT(gatti ripieni), confortati da una televisione inglese che pare ne abbia filmato di nascosto alcuni che andavano a Bruxelles, firmavano, intascavano le 500.000 lire di diaria e scappavano.


I nostri deputati.

Questi invece i privilegi dei 630 deputati e 315 senatori italiani
· 24 milioni al mese di stipendio (per la precisione 19.201.000 per 15 mesi);
· 8.600.000 al mese per il portaborse;
· 1.137.000 al mese per il rimborso dell'affitto dell'Ufficio;
· 1.983.000 al mese per rimborso spese viaggio;
· 4 milioni all'anno per viaggi di studio all'Estero;
· 4 milioni all'anno per spese telefoniche (ma in Parlamento possono usare il telefono gratuitamente);
· 3 milioni all'anno per rimborso francobolli (ma la posta spedita dal Parlamento è gratis);
· 350.000 al giorno ogni volta che entrano in Parlamento;
· 250.000 al giorno per indennità di missione;
· 200 milioni per rimborso spese elettorali;
· 50 milioni ciascuno se fondano un giornaletto;
· Indennità di carica (da 650.000 lire ai 12.500.000 per il Presidente del senato);
· Liquidazione per ogni anno di mandato;
· Pensione di 4.763.000 lire per ogni legislatura;
· Gratis: telefono cellulare, tribuna d'onore agli stadi, tessera del cinema, tessera teatro, tessera autobus-metro, viaggi aerei(nazionali), viaggi treno con cuccetta, circolazione autostrade, corsi di lingua, vagone rappresentanza FFSS, aerei di Stato, uso di Prefetture e Ambasciate, cliniche, rimborso spese mediche(al ristorante del Senato e della Camera debbono invece pagare, ma cifre talmente irrisorie….. nel 1997 pare che abbiano consumato gratis 4 milioni di cappuccini e tramezzini alla buffetteria del Senato), assicurazione infortuni, assicurazione per morte, autoblu con autista (circa 40.000 auto), giornali (circa 4 miliardi di lire l'anno). Non pagano neanche il parrucchiere.

Le multe.

Abbiamo trovato non solo scandalosa, ma emblematica la vicenda della patente dell’autista di Dellai. L’auto blu del presidente della Provincia - ricordiamo brevemente i fatti - viene bloccata sulla Valsugana mentre sfreccia a 150 all’ora dove il limite è 90; immediato ritiro della patente all’autista, intervento successivo di Dellai presso il Commissario del Governo e repentina restituzione della patente. (vedi
Il Commissario del Governo(dello Stato di Banana) <../07/15gg7_01.htm>) Motivo? Si era di fronte alla necessità di non arrivare in ritardo a "un importante impegno istituzionale" - afferma Dellai. Motivazione fasulla, si rivelerà (la riunione di Giunta Provinciale era per il pomeriggio, e l’infrazione era avvenuta di mattina). Ma il punto più grave è un altro: il Commissario del Governo dott. De Muro con questo provvedimento stabilisce, e in una successiva intervista sull’Adige lo teorizza, che occorre "avere un occhio di riguardo per le persone che rivestono incarichi pubblici".
Insomma, per i politici non vale il codice della strada (per le altre norme si vedrà). E questo pur in presenza di una nutrita e univoca giurisprudenza che stabilisce che le violazioni al Codice della Strada sono sì previste, ma solo per salvare vite umane. Cioè un’ambulanza, la polizia, ma anche la macchina di un privato cittadino, può mettere a repentaglio la vita altrui sfrecciando a 150 all’ora solo se sta correndo per salvare un’altra vita. Quindi le auto blu sono tenute a rispettare il Codice e la vita dei cittadini. Che la cosa non sia peregrina lo si è poi visto in questi giorni, quando a Roma l’auto blu di un generale ha provocato, con inutili acrobazie, due morti, solo per far arrivare più in fretta il papavero in ufficio.
Ripetiamo, noi riteniamo il comportamento di Dellai, ma soprattutto quello del Commissario del Governo, scandaloso, tale da configurare una pretesa dei politici (e dei superburocrati, categoria cui appartiene l’ineffabile dott. De Muro) a uno status privilegiato rispetto ai comuni cittadini.

Il Governatore

Il Governatore della Banca d'Italia guadagna piu' del doppio del collega francese ed il triplo del collega inglese (Focus 120).

Pavarotti

Pavarotti per problemi con il fisco e' stato ricevuto e riverito al ministero delle finanze dove ha trattato e pagato. Il tribunale lo ha assolto dal reato penale, il ministro dal peccato do evasione (Focus 120).

Tomba

Tomba fu assolto dall'accusa di evasione fiscale da un tribunale della repubblica italiana con la motivazione secondo la quale agi' per "fanciullesca inconsapevolezza" (Focus 120).


ALCUNI PRIVILEGI DEI POTENTI

ALCUNI PRIVILEGI DEI POTENTI

di kingsun1 (03/06/2007 - 12:38)

(documento del maggio 2005)
Sull'Espresso di qualche settimana fa, un articoletto spiega
che, recentemente, il Parlamento ha votato all'UNANIMITA'
e senza astenuti (ma che strano!?) un aumento di stipendio per
i parlamentari, di circa euro 1.135 al mese.
Inoltre, la mozione é stata camuffata in modo tale da non
risultare nei verbali ufficiali.
STIPENDIO Euro 19.150
STIPENDIO BASE Euro 9.980
PORTABORSE
Euro 4.030 (generalmente parenti
o familiari)
RIMBORSO SPESE
AFFITTO
Euro 2.900
INDENNITA’ DI CARICA tra Euro 335 ed Euro 6.455
TUTTO
ESENTASSE!!!
più
2
TELEFONO CELLULARE Gratis
TESSERA DEL CINEMA Gratis
TESSERA TEATRO Gratis
TESSERA AUTOBUS –
METROPOLITANA
Gratis
FRANCOBOLLI Gratis
VIAGGI AEREI NAZIONALI Gratis
CIRCOLAZIONE su
AUTOSTRADE
Gratis
PISCINE e PALESTRE Gratis
TRENI Gratis
AEREO DI STATO Gratis
AMBASCIATE Gratis
CLINICHE Gratis
ASSICURAZIONE
INFORTUNI
Gratis
ASSICURAZIONE DECESSO Gratis
AUTO BLU CON AUTISTA Gratis
RISTORANTE
Gratis (nel 1999 hanno
mangiato e bevuto gratis per
Euro 1.472.000)
3
Hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in Parlamento,
mentre obbligano i cittadini a 35 anni di contributi (per
ora!!!). Circa 103.000 euro li incassano con il rimborso
spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento
ai partiti), più i privilegi per coloro che sono stati Presidenti
della Repubblica, del Senato o della Camera (es: la sig.ra
Pivetti ha a disposizione e gratis un ufficio, una segretaria, l'auto
blu ed una scorta sempre al suo servizio). La classe politica ha
causato al paese un danno di 1 MILIARDO e 255 MILIONI di
EURO. La sola Camera dei Deputati costa al cittadino Euro
2.215 al MINUTO !!
Fatela circolare
Si sta promuovendo un referendum per
l'abolizione dei privilegi di tutti i
parlamentari. Queste informazioni possono
essere lette solo attraverso Internet in quanto
quasi tutti i mass media rifiutano di portarle a
conoscenza degli italiani.


La politica è la prima azienda italiana

COSTO DELLA POLITICA

di kingsun1 (12/06/2007 - 13:10)

Costo della politica: due conti dopo l'affondo di Mantezemolo

di Redazione (redazione@vita.it)

25/05/2007

«Stime recenti – ha continuato il Presidente di Confindustria - parlano di un costo complessivo della politica vicino ai 4 miliardi di euro».




«La politica è la prima azienda italiana – ha detto ieri Montezemolo - con quasi 180mila addetti: il costo della rappresentanza politica, nel suo complesso in Italia, è pari a quello di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna messi insieme e solo il sistema dei partiti costa al contribuente 200 milioni di euro all'anno contro i 73 milioni della Francia». «Stime recenti – ha continuato il Presidente di Confindustria - parlano di un costo complessivo della politica vicino ai 4 miliardi di euro».
Una cifra credibile, facciamo due conti. Oltre a essere il Paese d'Europa dove ci sono più incidenti stradali e rapine in banca, abbiamo anche il primato delle pensioni parlamentari più ricche. Infatti, da noi basta una mezza legislatura, pari a due anni e mezzo, e gli onorevoli rappresentanti del popolo maturano il diritto a una pensione. Mai vista una cosa del genere in nessun'altra democrazia al mondo. Il tutto ovviamente e rigorosamente bipartisan. Quando si tratta di privilegi, destra, centro e sinistra sono tutti d'accordo. Fino a oggi sono 2.238 quelli che percepiscono un vitalizio che oscilla dai 3.108 ai 9.947 euro. Inoltre, le ‘onorevoli' pensioni sono cumulabili con altri redditi (come dimostrano anche 2 vice ministri e 18 sottosegretari del governo Prodi), possono essere percepite a prescindere dall'età (prevista per tutti a 60 anni tranne che per i parlamentari) e si rivalutano automaticamente essendo collegate all'indennità degli eletti in carica (i sindacati dei lavoratori non hanno nulla da dichiarare?).
Nel 2006 i deputati in carica hanno versato 9 milioni e 400mila euro e le spese per le pensioni sono state 127 milioni, mentre al Senato si incassano quasi 5 milioni e se ne spendono quasi 60. Ma così non si va al collasso? Nulla di tutto questo: senza vergogna, ogni anno una legge dello Stato ripiana i conti della previdenza parlamentare con i soldi di tutti.
La Camera dei deputati per mantenere solo 630 deputati costa complessivamente circa un miliardo di euro l'anno. i dipendenti della Camera (112 mila euro di stipendio medio) sono passati da 1.757 a 1.897: 140 in più, per un costo di oltre 212 milioni di euro di buste paga.
Quanto a quelli del Senato, erano talmente tanti allo scoppio della crisi della prima Repubblica da essere drasticamente ridotti, tra il 1992 e il 2001, da 1.028 a 871. C'erano voluti nove anni per tagliarne 157, ne sono bastati cinque per assumerne 225. E salire al record: 1.096. Di cui 358 commessi, benedetti non solo da un nome più chic («assistenti parlamentari») ma anche da uno stipendio medio di 115.419 euro. A prova di vacche magre e alla faccia dei sacrifici chiesti ai cittadini.

Se poi allarghiamo il discorso dei costi della politica alle cariche elettive di comuni, province e comunità montane dobbiamo aggiungere circa 195mila amministratori con un costo di 746 milioni di euro l'anno. Troppi, sia come numero che come spesa
Noto ormai, anche il costo della Presidenza della Repubblica. Al 31 agosto del 2000 il personale in servizio al QUirinale era composto da 931 dipendenti diretti più 928 altrui avuti per «distacco», per un totale di 1.859 addetti. Tra i quali 274 corazzieri, 254 carabinieri (di cui 109 in servizio a Castelporziano!), 213 poliziotti, 77 finanzieri (64 della Tenenza di Torvajanica, che è davanti alla tenuta presidenziale sul mare sotto Ostia, e 14 della Legione Capo Posillipo), 21 vigili urbani e 16 guardie forestali, ancora a Castelporziano. Numeri sbalorditivi. Il solo gabinetto di Gaetano Gifuni era composto da 63 persone. Il servizio Tenute e Giardini da 115, fra cui 29 giardinieri e 46 addetti a varie mansioni. Gli artigiani vari impegnati nella manutenzione dei palazzi al Quirinale erano allora 59 tra i quali 6 restauratrici al laboratorio degli arazzi, 30 operai, 6 tappezzieri, 2 orologiai, 3 ebanisti e 2 doratori. Il costo di tutto questo? 152 e mezzo milioni di euro.
Inoltre, è solo di poche settimane fa l'affondo della Corte dei Conti sui costi della burocrazia pubblica. Per la Corte l'incremento della spesa per le retribuzioni del personale pubblico in servizio, sia dei comparti statali che non statali e del personale in regime di diritto pubblico è stato del 12,8% tra il 2001 e il 2005, pari a 11.519,7 milioni di euro. Secondo la Corte all'aumento della spesa per le retribuzioni, tra l'altro, non coincide con una crescita del personale impiegato nel settore statale: tra il 2001 e il 2005, infatti, si è registrata una riduzione graduale delle unità in servizio (-2%), che erano di 2.027.526 nel 2001 e risultano essere 1.987.267 nel 2005. Quasi l'11% del Pil!


CASA NOSTRA continua

Altre volte hanno fatto prezzi bassi per blocchi di appartamenti finiti poi a famiglie dai nomi noti come Mastella e Casini. Scelte discutibili per società quotate in Borsa come Pirelli e Generali che dovrebbero puntare solo al profitto e che, evidentemente, hanno pensato di fare gli interessi dei propri azionisti cedendo appartamenti ai politici e ai loro amici a valori bassi. Insomma, ci sono differenze radicali tra venditore privato e ente pubblico ma anche all'interno delle due categorie. Se non bisogna far di tutta l'erba un fascio però ci sono due cose che accomunano i protagonisti della nostra inchiesta: sono potenti che hanno pagato troppo poco ieri per l'affitto e oggi per l'acquisto.

Inoltre nella maggioranza dei casi in quegli immobili sono entrati grazie a conoscenze, entrature e amicizie. Questa disparità di trattamento con i comuni mortali non è una novità. Emerse con violenza populista nel 1996 durante il primo Governo Prodi grazie alla campagna 'Affittopoli' de 'il Giornale' di Vittorio Feltri. Oggi quegli stessi immobili affittati dieci anni fa ad equo canone sono stati svenduti definitivamente e il privilegio è stato reso eterno.

Per fare qualche esempio: Lamberto Cardia, presidente Consob, pagava 1 milione e 100 mila lire al mese di affitto nel 1996 e ha comprato nel 2002 a 328 mila euro 10 vani e due posti auto a due passi dal Palaeur. Maura Cossutta, onorevole dei Comunisti Italiani, pagava 1 milione e 50 mila lire allora e compra nel 2004 quattro camere, due bagni e balconi a due passi da San Pietro a 165 mila euro. Franco Marini pagava 1 milione e 700 mila lire allora e compra nel 2007 a un milione di euro due piani ai Parioli. A rendere 'svendopoli' ancora più odiosa di 'affittopoli' c'è il peggioramento drastico del mercato della casa. Il trattamento di favore diventa un'offesa insopportabile per chi è costretto a combattere ogni giorno con l'ufficiale giudiziario che vuole sfrattarlo.
(30 agosto 2007)

CASA NOSTRA

CASA NOSTRA

di kingsun1 (05/09/2007 - 19:51)

Ministri, presidenti delle Camere, sindacalisti, politici. Attuali ed ex. Hanno acquistato attici e appartamenti da enti pubblici o da privati a prezzi di favore. Rendendo doppio il privilegio che spesso già avevano come inquilini. Ecco nomi e cifre dell'ultimo scandalo immobiliare


Quei figli di papà in via Arenula

Il motto dell'Udeur è 'la famiglia prima di tutto'. Clemente Mastella lo ha applicato alla lettera quando si è trovato di fronte a una grande occasione: acquistare a un ottimo prezzo l'appartamento che ospita la redazione del giornale del partito. Invece di intestare tutto all'Udeur, il segretario ha preferito far comprare alla società dei figli, Elio e Pellegrino. ...


Ci sono ministri e leader di partito, ex presidenti del Parlamento e della Repubblica, magistrati e giornalisti. La nazionale dell'acquisto immobiliare scontato è talmente vasta e assortita che ci si potrebbe fare un ottimo governo di coalizione. Si va dall'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga ai presidenti della Camera e del Senato del primo governo Prodi: Luciano Violante e Nicola Mancino.

Dalla famiglia del presidente dell'Udc Pier Ferdinando Casini a quella del ministro della Giustizia Clemente Mastella passando per la figlia del deputato di An Francesco Proietti. C'è il candidato leader del Partito democratico, Walter Veltroni e il presidente del Senato Franco Marini. Non mancano la Borsa, con il presidente della Consob Lamberto Cardia e il mondo del lavoro con il segretario della Cisl Raffaele Bonanni. C'è il senatore Udc Mario Baccini e il responsabile della Margherita in Sicilia Salvatore Cardinale. Situazioni diverse tra loro che talvolta convivono nello stesso palazzo.

Prendiamo lo stabile Inpdai di via Velletri, a due passi da via Veneto. Al primo piano la moglie di Walter Veltroni ha comprato più o meno allo stesso prezzo pagato dall'ex sottosegretario Marianna Li Calzi che abita al quarto. Ma le due storie sono diverse. Li Calzi ha ottenuto il suo attico alla vigilia della svendita a seguito di una discussa procedura pubblica. Veltroni invece è nato nelle case dell'ente previdenziale dei dirigenti. L'Inpdai aveva affittato sin dal 1956 un appartamento al padre, dirigente Rai. Nel 1994 i Veltroni restituirono all'ente i due alloggi nei quali vivevano Walter e la mamma per averne in cambio uno più grande, il famoso primo piano di via Velletri da 190 metri quadrati che nel 2005 è stato acquistato dalla moglie del sindaco, Flavia Prisco, per 373 mila euro. Il prezzo è basso per effetto non di un'elargizione personale ma per il meccanismo degli sconti collettivi concessi a tutti allo stesso modo. Altra cosa ancora sono gli acquisti delle case dell'Ina ora finite a Generali e Pirelli. Questi colossi privati in alcuni casi si sono comportati come spietati alfieri del libero mercato.

AEREI BLU

AEREI BLU

di kingsun1 (16/09/2007 - 08:50)

Padoa-Schioppa preferisce Easyjet, Prodi il treno
Ministri e aerei blu: i politici «Mille Miglia»
Nel 2005, con Berlusconi, il conto degli aerei di Stato toccò 65 milioni di euro. I tagli di Micheli: rifiutato il 15% delle richieste
STRUMENTI
  Mastella atterra all'aeroporto militare di Linate con l'aereo di Stato (Sestini)
Mastella atterra all'aeroporto militare di Linate con l'aereo di Stato (Sestini)
ROMA
— Sfrecciavano nei cieli senza un attimo di sosta con il loro carico di ministri, sottosegretari, portaborse e famigli. Stavano in volo, gli aerei di Stato, per 37 ore al giorno, e alla fine di quel 2005, l'ultimo anno del governo di Silvio Berlusconi, il conto toccò una cifra strabiliante: 65 milioni e mezzo di euro.
Inutile dire che un passaggio non si negava a nessuno. Ecco perché una telefonata di solidarietà a Clemente Mastella era il minimo che il Cavaliere potesse fare. Ci fosse stato ancora lui alla presidenza del Consiglio, tutto questo forse non sarebbe accaduto. Durante la sua permanenza a palazzo Chigi le spese per i voli blu erano progredite con un crescendo rossiniano.
Nel 2000, ultimo anno «pieno» di governo del centrosinistra, il costo del trentunesimo stormo dell'aeronautica militare era stato di 19 milioni di euro. Nel 2002, era salito a 23. L'anno seguente, a 41. Nel 2004, a 52. Nel 2005 si era fermato a 50 milioni, ma sommando a questa cifra la spesa sostenuta per l'uso degli aerei della Cai, la compagnia dei servizi segreti, e di due società private, si arrivò appunto a 65 milioni e mezzo.

IL TAGLIO DI MICHELI — Poi al primo piano di palazzo Chigi ha fatto l'ingresso, insieme a Romano Prodi, un certo Enrico Micheli. Ex direttore generale dell'Iri, sottosegretario alla presidenza con delega ai servizi segreti e competenza sui voli di Stato: è lui che deve dare le autorizzazioni per usare gli aerei blu. E non si è fatto molti amici. Appena ha varcato la soglia del suo ufficio ha alzato il telefono e ha detto ai suoi colleghi di governo: «Diamoci una regolata tutti quanti». Nel 2006 il conto del trentunesimo stormo è calato a 43 milioni. Ma se sono attendibili le stime dell'attuale governo, secondo cui nei primi cinque mesi di quell'anno (gli ultimi di Berlusconi) ne erano stati spesi ben 30, significa che da 6 milioni al mese si era passati a 1,8 milioni. Quest'anno, con tutta la buona volontà, se ne spenderanno invece 28: 2,3 al mese. Almeno, però, non ci sono più i cinque Falcon dei servizi segreti, che sono stati destinati a uso esclusivo dell'intelligence e presto saranno ridotti a tre, e nemmeno gli aerotaxi privati: i contratti con la Eurofly service di Rodolfo Baviera e la Servizi aerei dell'Eni non sono stati rinnovati.

Non che la riduzione della flotta da 17 a 12 mezzi (dieci aerei e due elicotteri) sia stato un deterrente decisivo. All'inizio le domande arrivavano a valanga. Nei primi sei mesi Micheli ha rispedito al mittente non meno del 15% delle richieste. E poi ha fissato alcune regole: per esempio, che ogni decisione sia accentrata a palazzo Chigi e che l'ufficio voli abbia l'elenco preciso di chi sale a bordo. Si è cercato di scoraggiare anche le delegazioni numerose, ma con un governo di 102 persone «scoraggiare» è una parola grossa.

Ai voli blu hanno diritto il presidente della Repubblica, gli ex capi di Stato, il presidente del Consiglio, i presidenti delle Camere, il presidente della Corte costituzionale e i membri del governo. Sempre che si tratti di viaggi per scopi istituzionali. Quale è, anche se può sembrare singolare, la presenza di un ministro alla premiazione del Gran premio d'Italia di Formula uno. Naturalmente, anche in questi casi non è vietato, ma anzi incoraggiato, l'uso degli aerei di linea. Quando però il volo normale non è «compatibile» con le esigenze del viaggio, ecco che si spalanca il portello del Falcon della presidenza. Capita così che anche Patrizia Sentinelli, viceministro degli Esteri (di Rifondazione comunista) con delega alla cooperazione internazionale, viaggi spesso per ragioni di servizio con l'aereo di Stato. Come anche il vicepremier Francesco Rutelli, il ministro della Difesa Arturo Parisi e, naturalmente, il responsabile della Farnesina Massimo D'Alema. Mastella è stato visto spesso all'aeroporto di Napoli in procinto di salire sul Falcon per tornare a Roma dopo il fine settimana. Mentre Tommaso Padoa-Schioppa, quando può, prende l'aereo di linea, preferendo il low cost. E non perché un giorno il Falcon della presidenza che lo riportava a Roma da Lussemburgo abbia avuto una seria avaria al motore in fase di decollo. Ma perché si sappia che se il ministro dell'Economia va a Berlino con Easyjet, forse lo possono fare anche gli altri.

ALTE SFERE — Per ragioni di sicurezza il volo di Stato «può» (e non «deve») essere utilizzato anche nel caso di trasferimenti «non per scopi istituzionali» dalle più alte cariche dello Stato e da alcuni ministri più sensibili. In altri casi anche lui si deve arrendere. C'è poi un altro passeggero illustre che ha sempre un posto a disposizione sui velivoli della presidenza del Consiglio, senza alcuna condizione particolare. È il papa, che per i voli transcontinentali utilizza l'Alitalia, ma per quelli interni ha a disposizione uno dei due elicotteri (quello verniciato di bianco) e l'Airbus di palazzo Chigi. Del resto, come si fa a dire di no a Joseph Ratzinger?
Qualche no, invece, l'hanno dovuto incassare anche alle alte sfere. In una occasione sarebbe toccato pure a Rutelli, per mancanza di aeromobile. Uno spiacevole contrattempo, occorso una volta a quanto pare anche al presidente della Camera Fausto Bertinotti, considerato un frequent flyer della flotta di Stato. Non si è trovato un aereo che lo potesse portare da Roma a Firenze, destinazione che ha raggiunto quindi in treno. Il mezzo preferito da Romano Prodi, che ieri si è curato di farlo sapere, mezzo stampa, a tutti. Anche ai più duri d'orecchie.

Senza grazia e senza giustizia

Senza grazia e senza giustizia

di Gianluca Di Feo
Mastella e il figlio al Gran Premio di Monza con l'Airbus presidenziale. Un viaggio privato a carico del contribuente nel giorno dei tagli alle spese. Mentre ai giudici manca la benzina. Foto di Massimo Sestini
I magistrati non hanno la benzina per le auto ma il ministro della Giustizia non lesina certo sul carburante. Soprattutto quando si tratta di accontentare amici e famiglia. E concedersi una bella gita domenicale. Sì, perché per l'escursione al Gran Premio di Monza Clemente Mastella non ha badato a spese, tutte però a carico di altri. Il Guardasigilli ha volato da Salerno a Milano con l'aereo di Stato. Non un jet qualunque, ma l'Air Force One italiano: uno dei lussuosi Airbus presidenziali, praticamente una suite con 40 poltrone e ogni genere di comfort. Un velivolo di alta rappresentanza, roba da far invidia a sceicchi e magnati: la Rolls Royce con le ali costa oltre 55 milioni di euro. Poi dalla zona militare di Linate, in teoria una fortezza inaccessibile, il ministro è passato all'area Vip dello scalo milanese, quella dove sono di casa i Falcon di Berlusconi e di Tronchetti Provera, quella riservata a chi i privilegi li paga di tasca sua.

Lì Mastella si è accomodato su un meraviglioso elicottero privato, un potente Agusta 109 con salottino interno, diretto verso l'autodromo. Nessuno sa chi ha saldato il conto per questa navetta, prenotata per uso esclusivo del leader Udeur. La società che la gestisce - la Avionord - risulta aver noleggiato molti voli per gli ospiti più eccellenti delle case automobilistiche. È stato forse Flavio Briatore a omaggiare l'amico Clemente di quel tour con vista sui tetti del Duomo che ha permesso di scavalcare tutte le code per planare nel giro di dieci minuti direttamente nei box di Monza?

"Sono qui per salutare l'amico Briatore", ha detto il ministro dopo lo sbarco nel circo dei motori. Perché la visita nel tempio della Formula Uno ha avuto poco di ufficiale e molto di personale. Il suo arrivo a Linate ha spiazzato cerimoniale e dispositivo di sicurezza. Poi, dopo l'atterraggio con l'Airbus presidenziale, quel passaggio sull'elicottero-limousine molto poco protocollare. Il tutto, volo di Stato ed elicottero privato, sempre in compagnia del figlio Elio. D'altronde a sentire il Guardasigilli, proprio il dovere di padre è uno dei motivi principali della sua spedizione tra i box: "Avevo promesso da tempo che sarei stato presente insieme con mio figlio", ha dichiarato al "Corriere della Sera", ripetendo: "Volevo salutare il mio amico Briatore e vedere la gara da vicino". Il tutto grazie al jet dell'Aeronautica militare, che ha imbarcato anche il giovane Elio, un portaborse e due uomini di scorta. Lo stesso gruppo ripreso dalle foto de "L'espresso" mentre cammina allegramente dall'aereo governativo verso l'Agusta a noleggio.

Eppure ci sarebbe stata più di una ragione per sconsigliare la visita del Guardasigilli: solo il giorno prima la Procura di Modena aveva distribuito una raffica di avvisi di garanzia ai vertici della McLaren, accusati di spionaggio nei confronti della Ferrari, facendoli consegnare proprio a Monza. Ed ecco che il responsabile della Giustizia italiana passa la mattinata nei box della Renault dell'"amico Flavio", concorrente degli indagati. Poi a sorpresa sale sul podio per premiare il terzo classificato, il ferrarista Raikkonen, vittima della spy story. Ma il ministro vola più in alto di queste polemiche. E alle insinuazioni della McLaren, che hanno visto nei provvedimenti dei magistrati uno strumento di pressione, replica: "Se pensano che la Giustizia italiana viaggia a rimorchio di qualcuno, non la conoscono".

Di sicuro la Giustizia non viaggia a rimorchio, ma c'è il sospetto che il ministro lo faccia a scrocco. Per carità: l'amicizia non ha prezzo. Dalle vacanze sullo yacht dell'industriale Della Valle all'ospitalità di Briatore, passando per l'uso disinvolto dell'aereo presidenziale che imbarca anche il figlio. Sì, lo stesso figlio Elio al centro, insieme con il fratello Pellegrino, dell'inchiesta "Casa nostra" de "L'espresso" per l'acquisto a prezzi modici di due appartamenti sul lungotevere Flaminio e della dimora in via Arenula dove ha sede la rivista dell'Udeur. Facile prevedere le giustificazioni di Mastella: l'impiego dei voli di Stato non è una sua scelta, ma viene imposto per motivi di sicurezza.
(13 settembre 2007)

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